Questo articolo demolirà tutto il mondo di nozioni e conoscenze che ti sei creato sull’allenamento sportivo!
In realtà no, chi mi conosce sa che non amo demolire (tranne alcune metodologie di lavoro inutili come gli ElettroMioStimolatori o il Crossfit, anche perché dannosi e senza uno scopo allenante ben preciso, soprattuto il primo) ma preferisco costruire concetti e qui ne approfitterò, appunto, per spiegarne uno: il Velocity Based Training (VBT). Quindi come poterlo applicare all’allenamento del padel (ma anche a tutti gli sport di situazione), sviscerando tutte le informazioni che ti possono essere utili per migliorare la tua prestazione e getterò le basi che ti permetteranno di comprendere il significato metodologico che si cela dietro tale approccio. Resta con me e ti mostrerò la strada che ti farà vivere la sala pesi in maniera del tutto diversa!
Fai le cose semplici!
Viviamo nell’era dell’informazione, sempre con il giudizio a portata di mano. Produciamo opinioni come se non ci fosse un domani, eppure è sempre più presente la necessità di un metro di giudizio oggettivo che faccia da mediante tra quella che è un opinione personale e la verità dei fatti. Un giudizio che possa rendere facile anche il concetto più complesso. In questa era dell’ informazione, dove tutto è a portata di tutti, possedere questa capacità con l’opportunità di offrire un feedback obiettivo e immediato non è semplice. Soprattutto quando si parla di allenamento.
Nel nostro campo, la tecnologia offre dati numerici sulle capacità, quantifica il lavoro e ci permette di analizzare e gestire con un margine di errore sempre più sottile garantendo dati che agevolano parecchio ma spesso, se non letti in un certo modo e se superflui, tutto questo “quantificare” rende troppo macchinose anche le cose più banali e semplici.
In America dicono “make it simple but significant”
Un modo di ragionare che aiuta e che deve portarci poi alla pianificazione e progettazione dell’allenamento senza perder troppo tempo in test spesso inutili che poi alla fine danno risultati a cui è difficile attribuire un significato pratico all’obiettivo.
Uno di questi è proprio quello della velocità.
Il Velocity Based Training (VBT), appunto, è un concetto che è più semplice di quello che sembra.
Non è altro che una modalità di testare e allenare la velocità ma che si basa, in larga misura, sulla forza di spostamento di un carico ‘X’, chiaramente commisurato a una percentuale gestibile, spostato a una velocità ‘Y’. Ci sono vari modi di monitorare tale velocità di spostamento, io utilizzo un semplice sensore di forza per quanto riguarda l’allenamento contro-resistenza, che monitora semplicemente la cinetica dell’accelerazione, quindi codifica istantaneamente la forza media e quella massima, la RFD (Rate of Force Development), la sua variabilità (di forza) e la forza d’impulso. Inoltre possiedo anche delle foto cellule (che non uso per testare gli atleti di padel) che forniscono dati circa la velocità di reazione, tempo di risposta, velocità di picco ecc. All’incirca le stesse cose che mi da il sensore di forza.
Ma perché non uso le fotocellule con i miei atleti di padel?
Perché le fotocellule semplicemente sono più funzionali per chi pratica la corsa nella propria disciplina almeno nel 70% dell’attività sportiva (rugby, basket, atletica leggera, calcio ecc.), quindi utile per chi ricopre distanze medio lunghe (anche o solo) in un unica direzione. Quindi non certo il padel dove il 70% dello sport prevede spostamenti molto brevi e scattanti, salti, affondi ecc. Il padel è uno sport dove i giocatori sono rinchiusi in dieci metri di campo da condividere con un compagno. I movimenti che ne risultano sono tutto tranne che lineari, ergo … eseguire questo tipo di test è abbastanza inutile da un punto di vista pratico, a mio avviso.
Il mondo dell’allenamento quindi è cambiato e, nell’ultimo mezzo secolo, con tutte queste nuove tecnologie ora pressoché qualunque coach può accedere a dati e informazioni che un tempo erano esclusive delle società sportive più ricche.
Questi sensori permettono, quindi, di determinare la velocità con la quale viene spostato un certo carico in tempo reale consentendo di regolare di conseguenza il peso oppure l’esercizio.
Ma cosa ce ne facciamo di questi parametri?
Intanto capiamo qual’è il giusto carico per poter lavorare sulla velocità, perché solo con un certo carico riusciamo ad esprimere la massima velocità nella fase eccentrica di un esercizio consentendo all’atleta di lavorare su una capacità piuttosto che un altra, come nel grafico qui sotto.
Quindi la sala pesi rappresenta un ostacolo allo sviluppo della prestazione?
Fondamentalmente la palestra è necessaria per sviluppare la prestazione.
Tutto ciò che viene fatto in sala pesi porta a migliorare la prestanza fisica sia generale (GPP) sia specifica (SPP), in qualunque disciplina sportiva. Ciò significa che i movimenti e gli esercizi utilizzati con un bilanciere o un manubrio (Squat, affondi, spinte, torsioni ecc.) completano l’effettiva preparazione atletica in campo.
Il GPP viene utilizzato per migliorare le qualità fisiche più generali richieste per lo sport esempio ipertrofia, forza generale ecc. e questa può essere direttamente correlata con lo sviluppo delle capacità specifiche.
Nel padel, per esempio, allenare la forza della parte inferiore del corpo eseguendo il Back Squat (lo Squat con il bilanciere dietro) con carico progressivamente più pesante non solo ha senso ma è fondamentale perché, essendo un esercizio multiarticolare tra i più importanti in assoluto, può portare (se eseguito in un certo modo) a farti diventare più forte, reattivo ed efficiente.
Però ripeto, tutto ciò dipende da come questo viene eseguito e se vi è una reale periodizzazione dell’allenamento.
Prima cosa bisogna sempre capire cosa si intende per pesante e cosa si intende per progressivo perché, nonostante incrementare la forza della parte inferiore del corpo possa agevolare chi ne fa uso, c’è una discreta possibilità che a certi livelli fare un certo tipo di allenamento di gambe possa effettivamente rallentare chi ne fa pratica. Eseguire questo esercizio ti aiuta nella misura in cui questo viene eseguito con lo scopo di migliorare, appunto, la preparedness e la readiness (quindi la preparazione e la prontezza). Inoltre ha un collegamento diretto con la riduzione del rischio di lesioni muscolari ma non necessariamente con l’agilità, la quale necessita di altre qualità per potersi sviluppare. Ma questo miglioramento è legato in larga misura all’esperienza del singolo individuo.
Una persona per esempio decondizionata avrà un margine di miglioramento molto più ampio rispetto a un individuo più allenato effettuando il BS. Questo è riscontrabile in realtà effettuando un qualunque tipo di allenamento. Infatti con i più neofiti è molto facile riscontrare un miglioramento iniziale rispetto agli atleti con più esperienza.
Quindi il rapporto forza-prestazione dipende soprattuto dalla base di partenza del giocatore. Più è allenato e più questo avrà necessità di lavorare su altre componenti come per esempio la produzione di forza nel modo più esplosivo e veloce possibile. Quindi lavorare sul RFD (Rate of Force Development), sulla potenza, sui meccanismi di SSC (ciclo di accorciamento allungamento delle fibre muscolari), tempi di risposta ecc.
La SPP di questo sport (preparazione invece più specifica) prevede lavori per migliorare le reali capacità (più specifiche) di questo sport. Ma rappresenta solo la punta dell’iceberg. Con l’SPP intendo tutti i lavori con sovraccarichi (pesi, manubri e cavi) che si avvicinano di più al gesto atletico, e anche con connetti, scaletta ecc che si concentrano prevalentemente sul miglioramento dei cambi di direzione, raggiungimento del Top Speed, tecniche di decelerazione e accelerazione ecc.
Chiaro è che GPP e SPP sono due elementi necessari nel grande puzzle della preparazione al padel (così come in qualunque altra disciplina sportiva). Uno senza l’altro daranno risultati mediocri e forse anche controproducenti.
In questa fase di GGP quindi svilupperemo la forza che sarà, poi, necessaria per massimizzare la velocità di esecuzione e adattamenti di tutti gli esercizi nella fase di SPP svolti in campo.
Errori da non fare
Se le abilità su cui lavoriamo hanno un trasfert diretto con il gioco si ha sempre la tendenza ad aumentare la velocità d’esecuzione nella speranza che questa possa agevolare la prestazione in campo.
Ma ha davvero senso? Significa quindi che tutto il nostro lavoro in sala pesi dev’essere sempre eseguito a “velocità di gioco” e quindi il più velocemente possibile? La risposta a questa domanda è assoluta e inequivocabile…
…La risposta è clamorosamente sempre la stessa: dipende!
Ma facciamo riferimento a quello che ci dice la ricerca che, per nostra grande fortuna, prolifera nel nostro settore.
A velocità di crociera
Alla domanda precedentemente posta, circa l’efficacia di eseguire tutti gli esercizi in maniera sempre ‘veloce’, spesso gli allenatori nel tempo ci hanno costruito intere sessioni d’allenamento se non addirittura programmazioni off-season, nella speranza di velocizzare realmente i propri allievi. Poi c’è chi ha usato e usa tuttora le percentuali di carico somministrando carichi di lavoro ben specifici e, quindi, stabilendo serie e ripetizioni classiche imponendo una determinata intensità e un determinato volume di lavoro della sessione d’allenamento.
Va bene tutto. Storicamente anche questo è stato il risultato del progresso nella metodologia dell’allenamento. Ma oggi è davvero il modo corretto di allenare?
Vediamo adesso ogni punto in modo tale da comprendere poi il senso di questo articolo.
Intanto non sempre ha senso eseguire i gesti motori a velocità di gioco.
Per esempio, ci sono movimenti che non devono per nessuna ragione essere eseguiti in maniera ‘veloce’. Molti movimenti richiedono tanto controllo e gestione del carico affinché questi poi non diventino dannosi. Poi c’è anche l’obiettivo del programma. Se un programma ha l’obiettivo di tonificare o sviluppare un determinato fascio di muscoli la tensione muscolare non dev’essere veloce ma sempre lenta e controllata. Se invece vogliamo lavorare sulla forza generale, magari con obiettivo di incrementare quella massima, essendo l’obiettivo il tonnellaggio totale spostato, quando esegui un esercizio con carico quindi vicino al massimale pensare di eseguire il movimento troppo velocemente è fisicamente impossibile. Idem quando l’obiettivo è di eseguire dei movimenti di riscaldamento di un articolazione, per esempio la mobilità che precede l’allenamento in palestra degli arti inferiori, la mobilità dev’essere attiva ma sempre controllata. Devi fare panca piana? Allora nel riscaldamento della cuffia dei rotatori, per esempio nell’esecuzione delle intra-rotazioni al cavo con gomito stretto il movimento dev’essere con carico basso, lento e super controllato. Poi tieni bene a mente che solo eseguendo il movimento piano impari a gestirlo e padroneggiarlo al 100%.
Supponendo che il movimento sia ormai nostro e che lo padroneggiamo appieno, quindi se riusciamo a eseguire uno Squat con il bilanciere anche in slow-motion senza sbagliare neanche di una virgola il movimento, solo in questo caso possiamo pensare di fare lavori diversi rispetto a quelli sopra descritti. Possiamo considerare di allenare altre capacità come per esempio la forza reattiva, esplosiva, le accelerazioni ecc. Chiaro è che, in questi casi specifici, la velocità contrattile delle fibre muscolari dovrà essere quanto più veloce possibile, soprattutto nella fase concentrica.
Compreso quindi che la velocità dei movimenti non dev’essere sempre, in maniera assoluta, eseguita in maniera quanto più veloce possibile, ora cerchiamo di capire perché la percentuale del carico, se lavori con atleti che praticano uno sport, non ha molto senso.
Perché?
Prima cerchiamo di capire come viene stabilita questa percentuale. Molto semplicemente prima si testa il massimale di un esercizio (il famoso 1RM) es. squat, panca piana ecc. all’inizio della stagione, e su questo poi costruiscono il programma. A seconda dell’allenamento, del periodo dell’anno, degli obiettivi del ciclo ecc., queste percentuali possono variare dal ≤ 67% max fino al 95 al 100% massimo.
Però da qui nasce il problema nell’usare le percentuali di carico come riferimento per costruire un programma.
In questo senso i ricercatori corrono in nostro aiuto e ci “rassicurano” che l’RM di un individuo può fluttuare di circa il 18% durante la giornata. Quindi tantissimo.
Diciamo che hai prescritto un allenamento che comprende anche il BS con un carico dell’80% di 1 RM, ma l’atleta è stanco a causa dello studio per gli esami. Questo carico potrebbe sembrare più vicino al 98% del suo 1 RM. Quindi quando tu somministri quel carico stai praticamente chiedendo al tuo allievo di fare un BS con un tot di ripetizioni e serie con il 98% del suo massimale. Se, al contrario, sempre lui è riposato e carico, allora è chiaro che quella stessa percentuale di carico sarà a un ipotetico 62% del suo massimale.
Questo perché fondamentalmente l’allenamento è una risposta estremamente individuale a un determinato carico, il quale infatti si suddivide in esterno e interno (ma in questo articolo non parlerò di questo).
Nel primo scenario, ormai chiaro, stai rischiando di sovraccaricare e lesionare il tuo atleta ma nel secondo scenario non stai fornendo uno stimolo sufficiente. In definitiva, se non stai misurando i parametri di sollevamento e ottenendo dati accurati, stai solo tirando a indovinare.
L’allenamento basato sulla velocità lascia molto meno al caso poiché i carichi sono determinati dalla velocità di spostamento di un determinato carico, che sia il tuo (del tuo corpo) o quello di un bilanciere. Gli atleti di élite sono continuamente esposti a fattori di stress, es. i viaggi, la loro vita privata, dalla qualità del sonno, dalla scuola se sono studenti, dal lavoro se sono lavoratori ma anche dall’allenamento stesso. Perché l’allenamento fisico è uno stress così come anche il gioco, a un certo livello, è un fattore di stress.
E se abbiamo l’opportunità di modificare la nostra sessione d’allenamento al fine di fornire lo stimolo più consono che ci porta poi a un adattamento migliore, perché non farlo? Perché dobbiamo basarci ancora su tabelle e percentuali?
I benefici di allenare la velocità di movimento negli esercizi sono chiaramente molteplici, si va dalle prestazioni neuro-muscolari, al size principle, al miglioramento della performance metabolica delle fibre veloci, l’angolo di pennazione ecc. ma quello che ci interessa maggiormente sapere qui e ora è che questo tipo di allenamento o test ci fornisce un feedback istantaneo sullo stato di affaticamento dell’atleta.
Quindi in conclusione, ha senso sempre e comunque allenarsi eseguendo i movimenti super veloci?
Chiaramente no, ma è comunque necessario per raggiungere lo stato di prestazione ideale (o modello atletico) in questa disciplina, il padel.
Perché la velocità?
Noi coach usiamo la velocità comunemente per stabilire o per allenare altre capacità cinetiche o cinematiche (ad esempio la potenza) durante l’allenamento con sovraccarichi, per 3 motivi precisi.
- In primo luogo, è chiaro che all’aumentare di una certa massa, si verificano riduzioni della velocità di sollevamento o spostamento. Questa perdita di velocità continua fino al raggiungimento del carico di 1RM che corrisponde alla soglia di velocità minima/terminale (V1RM).
- In secondo luogo, c’è una relazione lineare quasi perfetta tra velocità e carico come percentuale della capacità massima (cioè % di 1RM). Ciò è stato dimostrato in modo coerente in una serie di esercizi con carichi submassimali.
- In terzo luogo, un elemento comune a molte definizioni di ‘fatica indotta dall’esercizio fisico‘ è che con l’aumentare della fatica, c’è un calo transitorio delle velocità di accorciamento delle fibre muscolari, dei tempi di rilassamento e della capacità di generazione della forza che causano successive riduzioni della velocità dell’esercizio volontario. In parole povere, man mano che la fatica aumenta, la velocità dell’esercizio diminuisce.
Riconoscendo questi concetti (a mio avviso fondamentali), chi ne fa uso potrà utilizzare gli output di velocità per prescrivere in modo accurato e oggettivo i carichi esterni e i volumi di allenamento per ogni sessione, indipendentemente dalle fluttuazioni della fatica e dalla prontezza dell’atleta.
Massimizzare le prestazioni attraverso l’allenamento fisico è l’obiettivo primario di tutti i preparatori. Pertanto, personalmente cerco di applicare questo metodo, il VBT, in quanto efficace per massimizzare il risultato in campo.
Di seguito sono riportati suggerimenti pratici che possono aiutare nell’integrazione di VBT nella programmazione.
In precedenza abbiamo visto che fornire feedback agli atleti durante l’allenamento è necessario per ridurne le probabilità di farsi male e incrementare, invece, la velocità attraverso la potenza . Inoltre, a causa della natura competitiva degli atleti, quando ci si allena soprattuto in gruppo, possono crearsi situazione di gara per esempio ‘chi spinge di più’, ‘chi recupera meno’, ‘chi carica di più’ ecc.
Tuttavia è necessario anche considerare lo scopo dell’esercizio, poiché l’idea sbagliata di fare tutto sempre velocemente può indurre un atleta a sacrificare la tecnica per incrementare la velocità di esecuzione. Anche se negli ultimi anni è stata data molta risonanza al VBT, questo ha portato atleti, e purtroppo anche molti coach, a massimizzare la velocità su esercizi che vengono tradizionalmente eseguiti per la stabilità e lo sviluppo del range di movimento, come uno squat overhead. Quando questi movimenti vengono eseguiti rapidamente, spesso perdono lo scopo e i benefici previsti. Di conseguenza, vi suggerisco di dare feedback costanti sull’allenamento e aver chiaro in mente il perché di ogni singolo esercizio. A maggior ragione se l’allenamento è funzionale a uno sport!