In questo articolo tratterò di tanti aspetti che portano un atleta a essere veloce e agile proprio come un ghepardo. L’allenamento con i sovraccarichi, l’allenamento pliometrico, l’allenamento della tecnica di corsa ecc. sono tutte componenti necessarie per poter sviluppare maggiore velocità nelle azioni di gioco. Per quanto riguarda gli atleti evoluti il rapporto tra forza e velocità è un fattore determinante nella fase crescente di perfezionamento della corsa, ma c’è un altro fattore che viene trattato pochissimo ed’è un aspetto che ritengo estremamente importante, che solo negli ultimi anni ho iniziato a dedicarci del tempo, studiandolo e comprendendolo per inserirlo nei miei allenamenti di preparazione atletica rivolti al padel. In questo articolo non tratterò della parte tecnica o tattica di questo sport ma cercherò di entrare nel vivo della preparazione atletica. Voglio sviscerare ogni aspetto funzionale alla preparazione fisica e atletica di queste due capacità: l’agilità e la velocità. Ma per rendere quanto più agevole la sua comprensione, toccherà fare qualche passo indietro .
RITMO e CADENZA della corsa nel padel
Se stai leggendo questo articolo sono sicurissimo che penserai a una cosa. Hai una sola certezza sugli spostamenti ovvero che i passi debbano essere piccoli e veloci.
C’è un rapporto molto stretto che intercorre tra il numero di appoggi a terra del piede e la velocità dei passi. Quindi del numero di passi nell’unità di tempo, la Frequenza del Passo (FP), detta anche Cadenza, e l’efficienza del gesto motorio. L’obiettivo di questo rapporto è quello di rendere la corsa economica e fisicamente sostenibile.
Questa ottimizzazione della corsa si può ottenere solo:
- abbreviando i tempi di permanenza a terra (cadenza),
- massimizzando l’effetto rimbalzo (stifness),
- minimizzando la necessità di spinta muscolare (economia del gesto).
Ma prima di affrontare nel miglior modo questo compito dobbiamo partire dallo studio delle forze che intervengono nel ciclo di corsa, capire come esse vengono generate e gestite per poi recuperare una sequenza di movimenti che permetta di ottimizzare l’utilizzo di queste forze per correre nel modo più efficace possibile. Per poi comprendere che in realtà gli spostamenti rapidi non sempre si possano ottenere attraverso passi piccoli ma veloci.
L’arte di essere veloci
Gli sport di squadra e quindi tutti quelli “da campo” (come padel, tennis, rugby, calcio, basket ecc) sono tutti accomunati da momenti in cui sono richiesti dei movimenti di altissima qualità eseguiti ad altissima intensità: basti pensare a tutti quei momenti che decidono la riuscita di un azione o di un game, quelli che alla fine dei giochi determinano chi vince o chi perde. Tutti vengono sanciti da chi è più veloce. Visione di gioco, comprensione degli schemi, previsione dell’azione avversaria sono altri fattori altrettanto determinanti che non velocizzano i movimenti ma sicuramente ti permettono di trovarti nel punto giusto al momento giusto. Ma questo è un altro discorso il quale non verrà trattato in questo articolo.
Indipendentemente dallo scopo del gioco, che si tratti di inseguire una palla come per esempio nel calcio (Faude et al., 2012), un ala che deve scappare a meta nel rugby, o una base rubata nel baseball, la velocità offre agli atleti l’opportunità di rompere e riaprire il gioco. La velocità condiziona anche la percezione di chi lo sport lo vive e lo respira: studi affermano che ‘più tu sei veloce e più guadagnerai soldi durante tutta la tua carriera da agonista‘ (Treme e Allen, 2009), indipendentemente dal fatto che questo sia necessariamente associato alle prestazione o al risultato finale. Per esempio, sappiamo tutti che chi corre i 100m su pista avrà come unico obiettivo quello di correre più veloce dei suoi avversari se vorrà vincere la gara. Ma un padelista, un giocatore di rugby o di calcio non ha come obiettivo quello di correre più veloce, poiché all’interno coesistono altre componenti che possono determinare la vittoria di una partita. Ma nonostante tutto, la velocità e l’agilità possono determinare (e credetemi che lo fanno) il risultato finale. E questo chi gioca lo sa.
La PERIODIZZAZIONE dell’allenamento
Hai presenti i programmi che il tuo coach ti prepara? Quelle tabelle noiose, spesso colorate e con grafici incomprensibili. Se il tuo preparatore ha tutto questo allora avete accanto un ottimo preparatore. Ma avere una giusta programmazione non è tutto.
Soprattutto perché i modelli tradizionali di periodizzazione ondulata o a blocchi tendono ad affidarsi eccessivamente a una comprensione meccanicistica delle risposte fisiologiche dell’allenamento.
Per farla breve, questo tipo di modello sostiene che il risultato ‘A’ deve essere raggiunto prima del risultato ‘B’, risultato ‘B’ prima del risultato ‘C’ e così via… Nell’allenamento, questo tipo di approccio non coincide con il carico interno di ogni singolo atleta. Periodizzare è necessario perché ti da una strada da seguire, ma il preparatore deve sempre tenere in considerazione le risposte individuali al carico. Quindi fuori dalla razionalità matematica e più dentro la comprensione dei sistemi fisiologici e delle risposte individuali all’allenamento.
Bisogna apprezzare la fisiologia, la biomeccanica, la psicologia e l’apprendimento motorio individuale per acquisire le giuste competenze. Che fanno poi tutte parte di un complesso sistema dinamico dove ogni singolo cambiamento può portare a innumerevoli effetti a catena, apparentemente senza senso ma che ne influenzano chiaramente il risultato finale.
L’allenamento non può mirare ad un unico sistema o ad una sola qualità. Non c’è una cosa come ‘forza massima’, ‘potenza anaerobica’ o ‘velocità massima’. Questi sono solo modelli o concetti che anche io uso per aiutarmi a semplificare e comprendere la realtà di uno sport. Questo non vuol dire che non possiamo o non dobbiamo usare questi modelli. Dobbiamo però capire e apprezzare i loro limiti metodologici quando costruiamo programmi d’allenamento mirati a migliorare la prestazione finale.
Se vuoi essere VELOCE prima devi essere FORTE
“Inizia tenendo ben in considerazione il risultato (la fine)”
Cosa intendo con questo?
Due componenti fondamentali determinano l’agilità: La capacità decisionale determinata dall’esperienza pratica e i cambi di direzione veloci (CoDS) determinati invece dalla preparazione fisico-atletica.
Ovviamente la componente su cui posso andare a lavorare e su cui posso effettivamente fare la differenza sono per l’appunto i CoDS.
Senza lo sviluppo di alcune skills motorie non possiamo pensare di diventare agili e veloci come un ghepardo. Se vogliamo, l’agilità già rappresenta di per sé la sintesi perfetta della velocità, rapidità, potenza ecc. Proprio perché per svilupparla è necessario:
- Imparare gli schemi motori base e creare la propria stabilità, ottenibili attraverso un allenamento di condizionamento della forza (strength and Conditioning training).
- Lavorare tu tutti i movimenti multiarticolari, assottigliare le asimmetrie dove possibile.
- Allenati sulla resistenza aerobica e anaerobica. Gli atleti devono essere capaci di tollerare alti volumi di lavoro.
- Allena la forza.
- Allenare la forza ti permetterà di poter allenare la potenza. La potenza ti permetterà di incrementare il ground contact time, ovvero un requisito necessario per essere più veloce negli spostamenti.
- Allena la velocità contrattile delle fibre muscolari attraverso la pliometria. Questa ne incrementerà la forza elastica dei muscoli e, quindi, la spinta del piede durante la fase di corsa.
- Impara anche i fondamentali della corsa, dalle decelerazioni elle accelerazioni.
- Per chiudere lavora sui cambi di direzione veloci in un ambiente chiuso e controllato. Cioè senza schemi aperti.
- Metti in pratica questi cambi di direzione e applicali a uno stimolo (visivo, sonoro ecc.).
- Stai allenando l’agilità.
Quindi non basta allenare la corsa per poterla migliorare. Se vuoi perfezionarla devi allenare la forza, se vuoi renderla economica devi allenare la forza, se vuoi aumentare la forza elastica devi allenare la forza (potrei andare avanti così a oltranza). Se vuoi essere agile e veloce non esiste niente al mondo più di efficace dell’allenamento con i sovraccarichi, senza se e senza ma.
Cosa ci dice la ricerca sulla prestazione di alto livello:
- Fare sprint in maniera regolare è necessario per condizionare la velocità massima (Oakley et al., 2018, Edouard et al., 2019, Malone et al., 2017);
- I recuperi più lunghi migliorano l’output dell’allenamento (Haugen et al., 2019);
- L’allenamento della forza e della potenza supportano lo sviluppo della velocità in atleti avanzati e non (McBride et al., 2009);
- I velocisti più forti hanno una percentuale maggiore di massa magra (Barbieri et al., 2017);
- Gli sprint all-out migliorano l’accelerazione negli atleti meno allenati (Cross et al., 2017, Cross et al., 2018, Morin et al., 2017);
- I grandi e bruschi cambiamenti nel volume dell’allenamento alla velocità aumentano il rischio di lesioni (Carey et al., 2017);
- Gli sprint che si avvicinano alla velocità massima sono relativamente rari negli sport da campo, ma sono spesso associati a situazioni di punteggio (Gabbett, 2012, Faude et al., 2012)
- La pliometria e i salti orientati orizzontalmente migliorano le prestazioni di sprint negli atleti meno allenati (de Villarreal et al., 2012);
- I velocisti di livello avanzato dimostrano maggiori livelli di stifness muscolare (Haugen et al., 2019);
- Durante l’accelerazione, atleti avanzati riescono a orientare meglio il ‘ground reaction time’ (Morin et al., 2011);
- Velocità di corsa più elevate si raggiungono con una maggiore forza di reazione al suolo, e non con i movimenti più rapidi delle gambe (Weyand et al., 2000);
Oltre la ricerca:
Spesso con i miei atleti faccio esercitazioni per migliorare la tecnica di corsa. Non sempre è facile per questioni legate al tempo e all’età. Ma coloro che decidono di fare un lavoro più intensivo (2-3 allenamenti a settimana) riesco a gestirmi in modo tale da poter lavorare anche su questo.
Ma quali sono gli altri parametri e le altre caratteristiche che devo tenere in considerazione affinché la corsa sia più efficace e più efficiente?
I parametri su cui possiamo lavorare sono due: la lunghezza del passo (o falcata) e la cadenza:
- La lunghezza del passo, quindi chiamata anche falcata, è la misura della distanza che l’atleta percorre a ogni passo, ossia dal momento della spinta al momento dell’appoggio.
- La cadenza non è altro che la frequenza dei passi, ossia il numero di passi fatti nell’unità di tempo.
Detto ciò, come facciamo a migliorare l’efficienza di corsa?
Proprio attraverso questi due parametri. Sappiamo su cosa dobbiamo lavorare ( vedi i 10 punti descritti sopra), ora cerca di trovare il giusto compromesso tra cadenza e falcata, sapendo però che ogni atleta ha un proprio ritmo ideale.
Un esercitazione molto carina e soprattutto molto efficace per lavorare sulla lunghezza del passo è questa nel video, dove l’allievo si trova a dover fare un passo di una certa ampiezza e di una certa profondità definite dalla lontanaza tra un ostacolo e l’altro e dalla sua altezza, il tutto nel più breve tempo possibile. Idem in questo video sempre seguendo questa tipologia ma con l’unica differenza che sta nella durata dell’esercitazione e quindi anche del tempo di recupero. La durata (il volume di lavoro totale) insieme al recupero (passivo o attivo) sono dei parametri molto importanti che ci permettono di lavorare certi meccanismi metabolici ma questi devono essere frutto di un percorso e non di una singola sessione. Affinché l’allenamento produca certi adattamenti è necessario che questo venga ripetuto nel tempo. Le sole modifiche consentite (se previste) sono il volume, il recupero e l’intensità di lavoro. Se ogni volta fai un esercitazione completamente diversa non ti stai allenando ma stai solo facendo dei workout stancanti.
Quindi il mio consiglio è quello di migliorare la cadenza a sfavore della lunghezza del passo: questo permette di ridurre l’oscillazione verticale, di disperdere meno energie, rendere l’azione più fluida e continua. Questi vantaggi di efficienza si possono facilmente mettere in atto tramite l’avanzamento del baricentro. Con questa piccola correzione il rapporto tra cadenza e lunghezza del passo si aggiusterà naturalmente e senza dover ricorrere a esercitazioni impossibili e oltremodo inutili.
In questo video abbiamo un altro esempio di lavoro dove il giocatore si trova costretto a predisporre il proprio assetto corporeo tutto in avanti. Un esercitazione, anche questa, volta a migliorare lo spostamento del baricentro in avanti semplicemente non dando alcun segnale all’allievo (esempio dicendole quando partire) ma, semplicemente, lanciandole una pallina la quale obbliga la persona a dover correre il più velocemente possibile affinché la prenda dopo il primo rimbalzo ma obbligatoriamente prima del secondo. Perché spiegare il movimento è importante ma portare l’allievo ad acquisirlo in maniera del tutto naturale crea la vera abitudine vincente.
Eseguire questi esercizi con una pallina vi darà quella propensione naturale di spostare il tronco in avanti riducendo le oscillazioni verticali. Inoltre lavorare con la pallina darà anche uno stimolo (obiettivo concreto) in più affinché riusciate a dare realmente il massimo, senza porre inutili limiti mentali ma ponendo un focus ben preciso all’esercizio.
Obiettivo concreto (prendere la pallina prima che tocchi terra o prima del secondo rimbalzo) + focus (il passo e la pallina) soluzione (muoversi il più velocemente possibile rispettando la consegna) = miglioramento dell’agilità.
Quanti sprint fare? Qual’è la quantità giusta per chi gioca a padel?
Per quanto invece riguarda il volume di lavoro, questo è un argomento abbastanza controverso. Nel settore sportivo, chiacchierando anche con altri coach di altre discipline, esempio atletica leggera, calcio, tennis ecc., c’è molto disaccordo riguardo a quanti sprint siano appropriati affinché questi possano migliorare la velocità (non l’agilità). In questo studio Haugen et al. (2019) notarono che la migliore pratica per massimizzare gli effetti benefici dell’allenamento alla velocità è 100 – 300m per sessione e per le sessioni di d’allenamento dello sprint in accelerazione è di 50 – 60m all-out. Vale la pena considerare che queste raccomandazioni sono per gli specialisti della corsa, quindi non giocatori di padel, rugby, tennis o qualunque altro sport di situazione. Questi atleti non devono preoccuparsi dei cambi di direzione, delle palle, degli avversari, degli imprevisti tipici del gioco insomma.
Però ci da sicuramente un idea sul range di lavorare ideale, se poi andiamo ad adottare un qualche protocollo scientifico di HIIT che ci permette di andare a lavorare su un parametro metabolico piuttosto che un altro, il gioco è fatto.
Per esempio in questo video il mio allievo esegue un protocollo rivisto da me il quale permette il miglioramento dei tempi di recupero della fosfocreatina. Quindi se la fosfocreatina lavora e viene recuperata più velocemente rende il nostro corpo più efficiente in ogni azione ad alta potenza, ma qui il recupero è relativamente corto quindi rispetto a questa capacità, ci siamo concentrati più sui fattori che permettono il miglioramento del metabolismo aerobico. L’obiettivo è anche di migliorare tutti i meccanismi tampone che permettono un rapido smaltimento dell’acido lattico, fattore determinante che ci porta a ritardare la sensazione di affaticamento muscolare tipico di un intensissima azione di gioco che ci porta a dare tutto (all-out appunto). Essendo questo (l’esercitazione del video) un allenamento HIIT dove l’atleta deve eseguire ogni ripetuta ALL-OUT il parametro da tenere in considerazione non sarà più la velocità bensì l’esaurimento periferico (muscolare), assicurandosi che effettivamente l’allievo stia dando tutto quello che può dare. Dopo svariate ripetute la soglia di fatica raggiunge livelli molto importanti causando anche sensazioni di vomito, quindi ci sta che rallenti il ritmo e risulti quasi lento, però è normalissimo visto che l’obiettivo è migliorare i tempi di recupero a seguito dell’elevata intensità dell’esercitazione. Un giocatore più fresco avrà più chance di un giocatore stremato e con il fiatone. In un contesto dove sei spesso obbligato a giocare anche più di un match al giorno per diversi giorni (vedi i tornei), la stanchezza, sia quella periferica che quella centrale, giocano un ruolo determinante sul buon risultato di un match. Ovviamente tutto questo ha senso perché con il ragazzo in questione ci si dedica con allenamenti in palestra i quali, come ho già spiegato, sono i veri “game changer” della preparazione atletica in campo.
Quindi come abbiamo visto la corsa in quanto tale non basta se non vi è dietro una preparazione fisica in palestra adeguata (vedi i 10 punti sopra).
Inoltre, i velocisti d’élite hanno un lavoro tecnico alle spalle che li rende perfetti nella corsa ciclica. Questo significa che i nostri atleti hanno bisogno di più lavoro tecnico di corsa? Secondo me si, ma tenendo ben presente quale sia lo scopo del loro lavoro. Per esempio, se sappiamo che nel padel ci sono tot cambi di direzione e un tot cambi di velocità, è vero che ci dev’essere comunque un ottima tecnica di corsa ma è anche vero che questa non deve mai togliere del tempo a tutti gli altri parametri, quindi CoDS (cambi di direzione veloce), reattività, esplosività, agilità ecc. Inoltre c’è anche da tener presente che per quanto riguarda la tecnica, si possono avere ottimi risultati fino ai 17 anni di età (circa) dopodiché diventa estremamente difficile riuscire a rompere degli schemi motori ormai radicati, quindi spendere troppo tempo in lavori che difficilmente verranno acquisiti al 100% non ha un grande senso, non trovi?
Ma quali sono le esigenze legate allo sprint nel gioco del padel? Cosa può fare un atleta che desidera allenare la velocità per migliorare il complesso contesto di gioco in cui si ritrova il giocatore di padel?
L’allenamento deve preparare l’atleta agli scenari peggiori. In America dicono “allenarsi duro per poi giocare facile“. In questo caso, forse i nostri atleti dovrebbero allenarsi all’estremo ma con parametri allenanti ben precisi e bilanciati Haugen et al. (2019), spaccarsi in allenamento non è sempre la soluzione migliore, ma impegnarsi al massimo in ogni esercizio anche più apparentemente banale, invece, lo è.
Per complicare ulteriormente le cose, bisogna tenere in considerazione anche il tempo a disposizione perché non sempre gli atleti hanno 2 ore da dedicarti, nel 90% dei casi hanno solo un ora e non sempre possono fare più di 2 allenamenti a settimana. Quindi la pianificazione e la programmazione (le quali sembrano sinonimi ma non lo sono) diventano delle basi necessarie per poter massimizzare i progressi senza però lasciare nulla al caso. Inoltre ricordati che l’allenamento è una risposta estremamente individuale al carico, ragion per cui se alleni in gruppo ed esegui un allenamento uguale per tutti, aspettati che qualcuno reagisca meglio di altri.
Se vuoi saperne di più, di scrivermi qui: riccardopiras.coach@gmail.com