Quand’ancora ci troviamo in quella fase preparativa che ci porta a infilare le scarpe da ginnastica nel borsone o quand’ancora ci stiamo cambiando per iniziare l’allenamento o il match, una sola parola deve risuonare nelle nostre teste che come una campana ci deve ricordare di non dimenticare che il riscaldamento, se pure snobbato da tanti, ha un suo ‘perché’ da non sottovalutare.
Oggi andremo a vedere questo ‘perché’ e soprattutto il ‘come’ andare a strutturare in autonomia, 15 minuti di riscaldamento.
La storia del “non ho tempo” non deve permettere di impedirci di poter ritagliare un momento per noi stessi, soprattutto perché se hai tempo per il match o per l’allenamento, sono sicuro al 110% che 15’ di warm up non ti faranno fare tardi da nessuna parte.
Ma il perché nessuno (o quasi) lo faccia ancora non mi è propriamente chiaro
Probabilmente è la voglia (non il tempo) il vero anello mancante, ma questa manca per il semplice fatto che non ci siamo mai veramente posti il problema dei reali costi-benefici che comporta un suo svolgimento o un suo mancato svolgimento in termini di salute e di performance.
Spalle doloranti, polpacci ‘duri’, cadute derivanti da una mancanza di controllo neuro-muscolare, adduttori della coscia infiammati, ischio-crurali che non rispondono come vogliamo e che si lesionano, schiena dolorante ecc, queste sono solo alcune delle sindromi dolorose derivanti da un “non ho voglia di fare il riscaldamento”.
Il riscaldamento e i suoi effetti legati alla sicurezza quindi, rappresentano il miglior metodo (almeno che non si indossi un’armatura o non si effettui alcun movimento, che ovviamente non è lo scopo dell’allenamento o del gioco) per prevenire eventuali traumi alle strutture osteo-articolari e muscolo-tendinee, o quantomeno per ridurne il rischio ai minimi termini.
E poi ci si ferma intere settimane perché curare a quanto pare è meglio di prevenire.
Ma siamo sicuri che sia questa la direzione che vogliamo prendere?
Io non penso.
Oltre che estremamente importante, questa fase dell’allenamento è necessaria laddove si voglia eseguire il workout nel migliore dei modi migliorandone in maniera diretta la performance, cosa quindi non da poco visto e considerato che la prestanza fisica è il motore che ci porta a dare realmente il massimo durante il gioco. Un match senza riscaldamento è come pretendere di installare un motore di una Ferrari su una Panda. Pretendiamo che questa dia il massimo della prestazione e che vada da 0 a 100km/h in zero secondi ma la carrozzeria non supporta il motore che 1, lo fonde e 2, fa collassare la carrozzeria come un castello di carte.
Negli ambienti professionistici e sportivi di élite questa fase invece viene vista con tutt’altro occhio. Il Warm-up ha lo scopo di servire 4 fondamentali principi: attivazione mentale, attivazione fisica, prevenzione dagli infortuni e miglioramento della performance.
Oggi voglio esporti un modello di Warm-up (sviluppato dal Dr. Ian Jeffreys e Mark Verstegen) comunemente adottato in tutti gli sport e atleti di alto livello, che ha come obiettivo la preparazione in tutti i suoi aspetti dell’atleta, sia dal punto di vista fisico che mentale (quindi neuro-muscolare):
FASE 1 – di CRESCITA: l’obiettivo è aumentare la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, il flusso sanguigno e la viscosità delle articolazioni.
FASE 2 – di ATTIVAZIONE E MOBILIZZAZIONE: lo scopo di questa fase è doppiamente importante, perché andiamo sia ad attivare i gruppi muscolari chiave ma anche a mobilizzare le articolazioni interessate sfruttando i movimenti sport-specifici e aumentando il ROM (o ampiezza del movimento) richiesto nella sessione.
FASE 3 – di POTENZIAMENTO: l’obiettivo è avvicinarsi ai carichi ed alle intensità di lavoro ricercate, entrando così piano piano nel vivo dell’allenamento o della competizione.
Preso atto di cosa e del ‘perché’ questo sia così importante per noi, adesso vediamo il ‘come’ possiamo impostare questi nostri 15 minuti di riscaldamento, o come piace chiamarlo a me, di preattivazione atletica.
La prima parola d’ordine è specificità.
Se per esempio dobbiamo iniziare ad allenarci a tennis, nel warm-up dovrete inserire necessariamente esercizi propedeutici e di riscaldamento delle strutture coinvolte nel gioco, esempio: mobilità dell’anca, delle spalle (tutte e due, non solo una), delle ginocchia, dei gomiti e delle caviglie.
In altre parole, ecco quello che possiamo andare a fare in questi 15 minuti:
- Andremo a fare per 8 minuti esercizi a basso impatto che ci permetteranno di incrementare gradualmente la nostra frequenza cardiaca e quella respiratoria aumentandone quindi la temperatura delle strutture muscolari e, per esempio, una banale corsetta può fare al caso nostro.
- Altri 4 minuti li andremo a sfruttare per fare esercizi di mobilità attiva, non statica. Un esempio di mobilità sono le torsioni del tronco, le circonduzioni della caviglia, gli slanci con la gamba per liberare l’anca da eventuali tensioni e dei movimenti delle spalle eseguendo, per esempio, delle circonduzioni con le braccia.
- In questi restanti 3 minuti io andrei a fare un po di squat e degli affondi. Quanto basta per attivare la muscolatura degli arti inferiori i quali sono ampiamente esposti in tutti i movimenti richiesti durante l’allenamento o il gioco. Gli scambi che si fanno a inizio allenamento o match, fanno proprio parte di questa fase, ma non possono però prescindere da tutto il resto.
Quindi giochiamo e alleniamoci, ma sempre in sicurezza.